Un obiettivo da raggiungere anche grazie all’immane lavoro di ripresa di Leni Riefenstahl, la cineasta del Reich, coadiuvata da oltre 40 operatori, che realizzò Olympia, oltre 4 ore di film finale sulle olimpiadi tedesche il cui montaggio richiese appunto più di 2 anni. Nessuno, però, aveva fatto i conti con Jesse Owens.
L’esclusione di 2 corridori ebrei costringe Owens a partecipare alla staffetta
A fare maggiormente scalpore non furono le 89 medaglie, di cui 33 d’oro, della Germania ma le 4 medaglie d’oro dell’atleta afroamericano guadagnate nei 100 e 200 metri, nel salto in lungo e alla staffetta 4x100 metri a cui non era nemmeno iscritto. Owens, infatti, fu costretto a partecipare alla staffetta a causa dell’esclusione di 2 corridori ebrei. Un’impresa realizzatasi di fronte ad una platea gremita di esponenti della razza ariana.
Il Fuhrer si limitò a non stringergli la mano, come fece con qualsiasi altro atleta che non fosse tedesco, lasciando lo stadio prima della cerimonia di premiazione e inviandogli un suo ritratto autografato qualche giorno dopo.
L’ America ignora Owens
Purtroppo anche in America il trattamento per Owens non fu migliore di quello nazista. Il presidente Roosevelt e il suo successore Harry Truma, infatti, si limitarono a ignorare del tutto il pluripremiato atleta. Fu necessario attendere Ford e il 1976, ben 40 anni dopo le olimpiadi berlinesi, perché le gesta del corridore afroamericano ricevessero la meritata considerazione, con il più alto riconoscimento civile degli Stati Uniti: la Medaglia per la Libertà.
Lo sport può cambiare la vita di comunità intere, non solo di singoli atleti.